Accantonato lo Strega, e nonostante le polemiche pre e post premio – la Sgarbi, direttore editoriale di Bompiani, che annuncia di non voler più partecipare, Elido Fazi, che in un’intervista svela il pretendente dell’edizione 2010, Alessandro Piperno- i vincitori non entrano nella top ten di questa settimana. L’unico che ancora resta alto, al terzo posto nella classifica della narrativa italiana è Paolo Giordano, mentre del vincitore all’ultimo voto Scarpa, neanche l’ombra. Tra i finalisti di questa edizione entra solo Cesarina Vighy, al decimo posto, mentre Andrea Vitali è poco sotto, al tredicesimo.
Insomma il “purché se ne parli” non ha scatenato la curiosità dei lettori e non è servito ad aumentare le vendite dei romanzi della cinquina e, ahimè, neppure le vendite generali: il valore dei cento punti di questa settimana supera di pochissimo le 10mila copie. Il vertice rimane immutato: sul podio rimangono Camilleri, Zafon e Grisham. Stabili in quarta e quinta anche Giorgio Faletti e Robeto Saviano.
La prima novità in classifica è George Simenon. Nel suo La finestra dei Routet (Adelphy) è l’ambiguità dei sentimenti a dominare sulla scena: il protagonista è un perdente, destinato da sempre alla solitudine e all’emarginazione, un essere senza qualità a cui non resta che l’invidia per la vita degli altri. Un romanzo scritto nel 1942 ma che presenta personaggi e situazioni che turbano anche il lettore del terzo millennio.
E mentre in Italia resiste in ottava posizione Gianluigi Nuzzi con l’inchiesta sulle finanze del Vaticano, in Europa si vendono i saggi sulla crisi. In Francia un tale Crésus – pseudonimo di un ex dirigente di una grande banca ora in pensione – ci regala, nelle sue Confessions d’un banquier pourri, un resoconto dall’interno di che cosa è realmente successo lo scorso settembre, con grande dovizia di particolari e molte presunte cifre reali. Nel Regno Unito, invece, David Aaronovitch in basa la sua analisi della crisi sulla teoria sempre eccitante della cospirazione.
Direttamente dalla Svezia, arriva nella top ten italiana e si stabilizza al decimo posto, Henning Mankel. Il suo Il Cinese (Marsilio) è un’ indagine giudiziaria e politica, dalla Svezia alla Cina, su «un uragano di sangue» in un villaggio di campagna, diciannove corpi straziati nel sonno, tutti anziani tranne un ragazzino. Considerato dalla stampa svedese tra le migliori opere di Mankell, osannato anche dalla stampa tedesca, Il cinese è un thriller politico che tocca tutti i temi più cari allo scrittore, una storia di soprusi, rabbia e vendetta, dove gli errori del passato riemergono in un presente di sconvolgenti lotte di potere.
Chiude la classifica un altro svedese, Stieg Larsson, con due dei romanzi della Trilogia del Millennio nella top ten da almeno 50 settimane.