Secondo episodio della lunghissima serie di Varg Veum (leggere come un arcaismo Lupo Solitario) e seconda immersione in quel mare nero e plumbeo che è la Norvegia letteraria e più vera. Il detective, ex operatore sociale per i minori e ex di tante cose e persone anche questa volta si districa fra la centralissima Bergen con la sua caratteristica Bryggen e fra quella che i turisti non vedranno mai, la periferia fatta di casermoni a dodici piani che danno drettamente su altri casermoni a dodici piani. Uno sguardo su quella parte di città che sembra uguale per ogni città che si conosca e che sebbene si parli degli anni ottanta è così vicina a quelle della Milano del 2010. Oltre alla critica sociale, in questo romanzo Gunnar Staalesen scende nel profondo dei rapporti fra uomo e donna e analizza da fine psicologo il matrimonio e l’amore, giungendo alla deludente conclusione che le due cose spesso sono distinte e comunque rappresentano due stadi transitori della vita di un individuo. Niente è per sempre, se non la continua ricerca della giustizia che muove Varg Veum per la gelida valle in riva al mare che è Bergen.
MilanoNera ha intervistato l’autore di Tuo fino alla morte (Iperborea)
MN- In questo libro si sente un’importante critice al matrimonio come istituzione: qual’è la tua personale opinione su questo punto e quali sono i cambiamenti sociali che la morte di un’istituzione come il matrimonio porta con sé?
GS – Personalmente sono sposato da 41 anni, quindi per me il matrimonio è un modo di vita molto naturale. Certamente però non tutte le coppie sono fortunate e abili come me e mia moglie. In alcune situazione il divorzio è la cosa migliore, ma la mia opinione e credo anche quella di Varg Veum è che la cosa più importante sia il benessere dei figli di queste coppie. In alcuni casi il fatto che i genitori divorzino rappresenta il male minore per i figli e in queste situazioni i genitori dovrebbero essere così intelligenti da lasciarsi in modo amichevole e organizzare coscienziosamente la vita dei loro figli. Non è sempre così purtroppo. Questo è un romanzo noir e quindi mi sono occupato di matrimoni andati male. Le cose riuscite non sono così interessanti in un contesto letterario e soprattutto non in un libro noir! Personalmente non ritengo che il matrimonio come istituzione stia morendo.
MN – Il secondo aspetto di cui vorrei parlare è la situazione dei sobborghi in Norvegia e in generale nell’area scandinava. E’ un punto molto sottolineato nel tuo romanzo e credo che sia in generale uno degli aspetti più importanti per comprendere a fondo la tua opera.
GS – Sono conscio che parlare di sobborghi in una città come Bergen non è come farlo in altri contesti molto più problematici, infatti molti abitanti dei casermoni alla periferia di Bergen sono persone con buoni lavori e un’istruzione apprezzabile. In ogni caso io non sono molto favorevole a questo tipo di edilizia verticale specialmente in contesti con molti bambini. Non è molto agevole controllare ciò che fanno i ragazzi per strada se tu abiti al dodicesimo piano. Io ho sempre vissuto in appartamenti e credo che sia il miglior modo possibile dove vivere, ma gli edifici dovrebbero avere al massimo cinque o sei piani. In molti quartieri di Oslo, Copenhsgen e anche nelle più grandi città svedesi ci sono moltissimi quartieri dove i casermoni la fanno da padrone e sfortunatamente sono sempre le persone più svantaggiate che ci abitano. Disoccupati, immigrati e persone problematiche. Ripeto che non possiamo parlare di veri e propri ghetti, soprattutto a Bergen e soprattutto nel 1979 quando ho scritto questo libro, ma comunque la situazione delle periferie è da tenere sotto controllo.
MN – L’ultima domanda riguarda più specificamente il tuo lavoro come scrittore seriale. Quali sono i cambiamenti più apprezzabili nella letteratura gialla e noir che tu hai riscontrato nella tua lunga carriera partita nei primi anni settanta?
GS – Posso certamente dire che la maggior parte della letteratura gialla e noir è molto più violenta adesso che quando ho iniziato io negli anni settanta. Ci sono molti serial killer, ma tu non incontrerai mai un serial killer nei miei romanzi con Varg Veum. Io credo che se analizziamo le mie quindici storie con Varg Veum come protagonista non troviamo molte differenze fra l’una e l’altra in termini di violenza. La letteratura gialla e noir intesa come un unicum non è poi così differente dai tempi in cui ho iniziato io, però i tempi cambiano ineluttabilemente e visto che il noir rispecchia nella maggior parte dei casi la realtà, non possiamo nasconderci che la realtà stia diventando sempre più cruda come di conseguenza la letteratura.