Una donna che consuma la sua rabbia e voglia di vendetta in un disegno criminale: conquistare Napoli, farla sua. Una “cattiva” tout court che nel suo percorso all’inferno affresca una città e un Paese, Napoli e l’Italia, dove l’infanzia negata di una giovane diventa trampolino per un riscatto “al contrario”: diventare la donna piu’ temuta dai clan della Camorra. E’ la folgorante storia a fumetti “Carriera criminale di Clelia C. L’Ascesa”, di Luigi Bernardi, autore, e Grazia Lobaccaro, disegnatrice, pubblicata da edizioni Bd. A Milanonera gli autori raccontano un progetto artistico destinato ad un seguito (già annunciato il prossimo capitolo della storia di Clelia) ma già in questa “prima puntata” capace di cogliere nel segno con una narrazione, per parole e immagini, serrata e crudele che ne fa piu’ di un racconto: una piccola ma forte testimonianza del mondo dei clan e dei suoi meccanismi.
Luigi Bernardi, la protagonista di questa storia è una donna. Che ruolo hanno le donne in un contesto altamente criminale, perché la scelta di una protagonista al femminile?
Una protagonista femminile serviva al tipo di storia che avevo in mente di raccontare, che è una storia fortemente maschile.
Roberto Saviano ha avuto occasione di dire, in una recente intervista che la narrativa rende in qualche modo fruibile a tutti temi come quelli delle inchieste sulla camorra che altrimenti si pensano per specialisti (magistrati, giornalisti). Oggi la narrativa e il fumetto, arti sempre più affinate, possono assolvere un compito di denuncia?
Allo scrittore non si deve chiedere di denunciare, quanto di raccontare. Io non ho scritto un fumetto contro la camorra, ho scritto una storia che racconta la camorra, così com’è e come immagino possa essere. La lotta alla camorra, se ancora possibile, la devono fare in primo luogo i magistrati e le forze dell’ordine. In secondo luogo, e qui mi pare davvero più difficile, la dovrebbero fare tutti i cittadini smettendo di colpo di esserne quotidiani clienti.
Il fumetto si occupa sempre più di nera, sono ormai tantissime le pubblicazioni. è solo una moda o c’è nel mondo per immagini una svolta anche culturale dove all’immaginario si sostituisce la realtà raccontata? E ancora: quanto può dare il fumetto al genere noir, non c’è un rischio saturazione?
Il fumetto vive un periodo di grande confusione. Cerca nuove strade e queste strade necessariamente finiscono con l’essere quelle già battute da altri linguaggi. Il fumetto può raccontare la realtà, ma non fare programmaticamente solo quello. Per quanto riguarda la seconda parte della domanda, il noir è decisamente saturo, e non solo per colpa del fumetto. Anzi, mi par che il fumetto sia il minor responsabile della saturazione del noir.
Grazia Lobaccaro, che cosa ha significato, per te, donna, dare forma a una donna
“dura” come la protagonista di questa storia? Come è nato “fisicamente” il personaggio?
È la prima volta che mi capita di realizzare una storia di questa portata (e così dura, in effetti) con una donna come protagonista. Ho capito da subito che avremmo avuto bisogno di un personaggio che potesse risaltare per personalità e carattere. Una Clelia non semplicemente “bella” ma piuttosto intrigante e allo stesso tempo dura e letale. Avere poi a che fare con una donna che attraversa tanti momenti della sua vita, dalla giovinezza all’età matura, mi ha dato modo di studiare fin da subito la sua evoluzione visiva e psicologica.
Molti disegnatori oggi ritraggono la nera, lasciando meno spazio all’immaginazione (e anche le immagini assomigliano in qualche modo più a foto che a “vignette”). Quanto perde o guadagna in questo un’arte come quella del disegno per fumetti?
Credo che le fotografie possano essere un’arma a doppio taglio. Personalmente preferisco guardare e “assorbire” suggestioni da qualsiasi materiale visivo di riferimento per poi rielaborarlo a modo mio. Il realismo, per storie come Clelia C. è molto importante. Luoghi specifici richiedono una documentazione particolareggiata e le foto sono senza dubbio una risorsa. Credo però che l’uso esclusivo di fotografie, alle volte semplicemente elaborate a computer, possa rischiare di spersonalizzare il disegno.