Dexter è un bel ragazzo, il prototipo del giovanotto americano: biondo, occhi chiari, il sorriso aperto.
Dexter è un bravo ragazzo: aiuta gli amici, si dà da fare per favorire la carriera della sorella, accudisce con affetto i figli della ragazza con cui esce, che li ha avuti da un poco di buono da cui ha divorziato.
Dexter è anche uno dei “buoni”, lavora nella polizia di Miami, come esperto in BPA, blood pattern analysis: macchie e schizzi di sangue gli parlano e gli raccontano le tristi storie di cui sono protagonisti.
Inoltre Dexter – beh, nessuno è perfetto – è un serial killer.
Questa è l’eccezionale invenzione alla base di “Dexter”, serie TV la cui prima stagione, basata sul romanzo La mano sinistra di Dio di Jeff Lindsay, è andata in onda su Sky, riscuotendo lo stesso successo che aveva riscosso l’originale negli USA (dove si è in attesa ormai della terza stagione).
Sono diversi gli ingredienti che hanno fatto di Dexter un cult. Innanzitutto, è chiaro, il personaggio, interpretato dall’attore Michael C. Hall.
Dexter è davvero allo stesso tempo un bravo ragazzo e un cattivo vero, uno che di notte si aggira per le torride strade di Miami alla ricerca di una preda da seviziare e di cui collezionare il sangue. E non basta ad attenuare la sua perversità il fatto che le sue vittime siano tutti, a loro volta, criminali sfuggiti per un motivo o per l’altro alla giustizia, perché quello di Dexter non è certo zelo eccessivo: a lui piace proprio far stillare lentamente le gocce del sangue delle sue vittime, godersi il loro terrore fino all’ultimo istante di vita!
E qui arriviamo a un altro segreto della serie: la storia di Dexter, il suo background. Perché il personaggio è tutt’altro che bidimensionale, ha una psicologia complessa di cui la serie svela l’origine. Dexter è figlio di un poliziotto, uno di quelli vecchia maniera, duri ma buoni; ed è proprio Harry, il padre di Dexter, a rendersi conto della vena malvagia del figlio preadolescente. Questa è un’altra idea geniale: Harry decide di non contrastare le tendenze omicide del figlio, forse conscio di non averne la possibilità; e allora si risolve a incanalarle. Così, in lunghi anni di “educazione” (che seguiamo in brevi flashback nel corso dell’intera serie) Harry insegna a Dexter due cose: che va bene uccidere qualcuno, purché questo qualcuno se lo sia meritato; e che per essere certo di farla sempre franca Dexter deve imparare a dissimulare la sua natura, e l’unico modo per farlo è recitare una parte, quella del bravo ragazzo normale, quello che non si nota mai, che passa sempre inosservato. Ciò che ne viene fuori, il Dexter adulto, è un uomo con una duplice personalità di cui è perfettamente consapevole, capace di un’autoanalisi profonda e sincera in modo disarmante.
La storia, quel che se ne può raccontare, è semplice: di notte Dexter caccia e uccide assassini “normali”, di giorno collabora alla ricerca di un suo collega, un serial killer bravissimo e crudele quanto lui; il tutto con un contorno di personaggi azzeccati e credibili, la sorella di Dexter, poliziotto anche lei, i colleghi, i superiori, tutti legati da relazioni e sottotrame avvincenti.
A un certo punto Dexter si rende conto che il serial killer lo sta sfidando personalmente… e da qui in avanti non si può più raccontare niente.
Aggiungete una fotografia accuratissima, una bella colonna sonora e perché no, una sigla accattivante, e avrete una serie da non perdere, sia che ritorni in tv sia che ci si riesca a procurare i dvd (ancora non usciti in Italia).
Però se dopo questa robusta iniezione di una sana e sanguinaria cattiveria avvertirete i preoccupanti sintomi di una fastidiosissima allergia alla vista di nostrani preti investigatori e/o ruspanti carabinieri di campagna, non è colpa mia: io vi ho avvisati!