Bloodyline nasce dall’incontro-scontro tra Gianfranco Nerozzi e il Medical Noir. La sfida è dare voce a paure e ossessioni scatenate oggi da malattie, virus e quanto attiene alla medicina, declinandole in chiave thriller. Un’idea che prende forma nell’omonima collana di Ink Edizioni.
Nerozzi si muove su un doppio binario, la detection e l’horror, per raccontare quanto sta avvenendo in una Bologna densa di ombre. Una donna brutalmente uccisa, ritrovata legata sul letto, con i polsi imprigionati alla testiera in ferro battuto come se fosse in croce. Il killer ha lasciato sul muro una scritta: VUOTA. Con una data a fianco. Il commissario Salvo Michelis intuisce subito che non sarà un’indagine come le altre, perché la scena del crimine è la stessa descritta pochi minuti prima dal figlio undicenne risvegliandosi da un incubo in preda a una forte crisi emorragica. Alessio, che soffre di emofilia, ha visto l’omicidio, come se i suoi occhi si fossero fusi con quelli dell’assassino. E potrebbe essere proprio nella malattia il legame nascosto tra lui e il killer.
Nerozzi è al limite: ricreando con una certa abilità atmosfere altamente tensive, arriva a sfiorare il paranormale. Il rischio di strabordare risultando poco credibile non sembra riguardarlo. Riesce a mantenersi in equilibrio tra reale e intangibile, forte anche dei numerosi richiami di cui “Bloodyline” è intriso. Cinema e letteratura: omaggi ai grandi maestri del genere thriller. Film e romanzi citati esplicitamente dall’autore, che ai lettori, attraverso la storia di Alessio e del padre, lancia un importante messaggio: “Non avere mai paura di mettersi in gioco. Trasformare le fragilità in punti di forza: perché se non puoi sanguinare, allora devi imparare a parare i colpi. E se non puoi cadere, devi imparare a stare in equilibrio. Vivere la vita intensamente è un dovere a cui non dobbiamo (e non possiamo) sottrarci mai. Comunque vada e comunque si
Bloodyline
Giulio Oliani
