Giancarlo Oliani in pillole

Al Festival Nebbiagialla di Suzzara Giancarlo Oliani ha presentato il suo ultimo libro, Ti amo da morire, e ha incontrato MilanoNera.

« Vivo a Ostiglia e lavoro come giornalista professionista alla Gazzetta di Mantova, mi occupo di cronaca ma in un piccolo quotidiano capita di scrivere anche di politica e di cultura.
Il mio primo libro è stato Delitti di provincia, tre storie mantovane del passato, con il quale ho vinto alcuni premi letterari.
E’ nato un po’ per caso, al giornale abbiamo una pausa di due ore e mezza, dalle 13.00 alle 15.30.
Per occupare questo tempo in modo costruttivo, ho cominciato a sfogliare l’archivio dal 1860 in avanti.
Ho trovato la cronaca di un omicidio avvenuto nel 1887, un prete e la nipote sgozzati in camera da letto, furono processati sette braccianti di Carbonara di Po, tutto il paese testimoniò e furono condannati. Ho raccontato questo episodio nel mio libro.
La seconda storia narra di un bambino ucciso da un agricoltore preso da raptus, in mezzo a un campo di frumento e la terza storia di un nobilotto di campagna che si portava a letto le donne dei suoi agricoltori. Probabilmente era stato ucciso da uno dei mariti, finirono in carcere tutti i capofamiglia del paese.
E’ appena uscito il mio secondo libro, Ti amo da morire, con prefazione di Valerio Varesi, la cui copertina è stata realizzata da Giorgio Montorio, uno dei disegnatori di Diabolik.

Il libro (di un altro) che avresti voluto scrivere e il libro (tuo) che NON avresti voluto scrivere
Non ho mai voluto scrivere il libro di un altro perché per me ogni libro è un’intuizione, qualcosa che mi prende quando mi trovo a contatto con alcune storie. Mi ispiro a fatti veri, nel racconto me ne discosto un po’. Amo raccontare storie del passato della mia terra, fare risorgere personaggi e farli tornare in vita. E’ bello parlare con loro, delle cose che sanno.
Nel mio ultimo libro ho creato un personaggio che vincendo spazio e tempo mi sorprende e parla con me. E’ un personaggio che fa da legame tra le varie storie e per questo può parlare sia con me che con i personaggi storici. Per ora non sono pentito di quanto ho scritto.

Sei uno scrittore di genere o scrittore tout court, perché?
Credo che si possa scrivere di tutto, l’ispirazione maggiore viene dai fatti di cronaca antichi. Quelli attuali li tratto ogni giorno, molti potrebbero finire in un libro ma non hanno la stessa attrattiva delle storie del secolo scorso, gli stessi odori e sapori.

Un sempreverde (libro) da tenere sul comodino, una canzone da ascoltare sempre, un film da riguardare….
Sul comodino Memorie del sottosuolo di Fëdor Michailovic Dostoevskij e anche un bel Simenon, la canzone Vacanze Romane dei Matia Bazar, il film che rivedrei sempre è Amarcord di Federico Fellini

Si può vivere di sola scrittura oggi?
No, assolutamente. Scrivere vuol dire rubare tempo alla notte, alla famiglia, al lavoro.
Nella vita faccio il giornalista, professione che già mi toglie molto tempo. Se si decide di scrivere, bisogna essere coscienti che buona parte del tempo per la scrittura è rubato a qualcos’altro e deve essere limitato nel tempo a meno che uno non si accorga che il vero lavoro è la scrittura.

Favorevole o contrario alle scuole di scrittura creativa? Perchè?
Non sono favorevole alle scuole vere e proprie, credo alla possibilità di migliorare lo stile e i contenuti. Si deve cercare l’aiuto di qualche scrittore o di qualcuno dell’ambiente. Bisogna studiare e leggere tanto, ci si può fare aiutare ad orientarsi nel mare della narrativa cogliendo le cose che ci sono più vicine. Chi scrive deve avere la modestia di leggere le cose che scrivono gli altri.

Che cosa pensi delle trasposizioni cinematografiche dei libri? che effetto ti fanno? E’ vero che nel passaggio fra la carta e la pellicola si perde qualcosa o no?
Penso che la possibilità di una trasposizione cinematografica e televisiva incida parecchio nella stesura, si nota che alcuni libri sono scritti in funzione di questa eventualità.

AMBRETTA SAMPIETRO

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