Chi è il lettore tipo di noir e gialli in Italia? Ha un profilo particolare?
Io per esempio. O tutti. Tutti i romanzi devono essere in parte anche dei gialli, nel senso che ci deve essere un climax, qualcosa che ti spinge ad andare avanti per scoprire che sviluppo prenderà la storia, qual è la verità che sta dietro le cose.
Il libro che ti piacerebbe aver pubblicato, quello che ti sei pentito di aver pubblicato, e quello che hai pubblicato e che ha venduto di più
Vorrei aver pubblicato Viaggio al termine della notte di Céline. Mi pento di aver pubblicato… non lo dico. Il mio libro che finora ha venduto di più: Angeli sulla punta di uno spillo, di Jurij Druznikov, 22 mila copie; seguito da Jerome diventa un genio, di Eran Katz, 13 mila. Considera che abbiamo iniziato nel 2005.
Chi è il pubblico che va ad assistere alle presentazioni letterarie (a parte gli scrittori in cerca di editore e gli amici intimi dell’autore)?
A parte quelli che hai citato, nessun altro. A meno che l’autore di turno non sia un personaggio noto, o a meno che non si prometta tanto divertimento, come abbiamo fatto noi con la presentazione di Ti credevo più romantico di Antonio Iovane alle Messaggerie musicali di Roma, dove abbiamo messo in scena un vero e proprio spettacolo, con musiche e recite a braccio.
Meglio duecento persone ad una presentazione di un vostro libro o un articolo di una pagina nella sezione cultura di un grande quotidiano nazionale?
Se a una presentazione vengono duecento persone è probabile che i giornali abbiano già parlato del libro parecchio. Perciò una non va senza l’altra.
Essere editori in Italia oggi: vocazione, inconscienza o business?
Vocazione e business. Non è incoscienza se si hanno alle spalle molti anni di esperienza nel settore, lavorando per altri. A quel punto è puro rischio imprenditoriale, né più né meno di quello che capita in altri settori.
E’ vero che in Italia ci sono più scrittori che lettori? Che percentuale leggete dei manoscritti che vi arrivano in casa editrice e quanti poi ne pubblicate?
Ovviamente è vero solo come paradosso. Tra i monoscritti ricevuti, leggiamo prima quelli che ci colpiscono da subito, dalle prime righe, per come si presentano anche all’occhio, per come è redatta la lettera di presentazione (se professionale o meno), dal curriculum.
Ne pubblichiamo uno su cento. Per colpa della qualità dei testi, sia chiaro, non per colpa nostra.
Un buon consiglio per gli scrittori già pubblicati ed uno per gli esordienti.
Ai primi, che quando scrivono lo facciano anche con un occhio alla fruibilità del testo, e di conseguenza alla sua diffusione, alle vendite. E’ inconcepibile e presuntuoso scrivere senza pensare al pubblico. E secondo me anche senza senso. Una presunzione tutta contemporanea, direi. E tipicamente italiana. Un alibi, secondo me. A i secondi, do lo stesso consiglio: forse un editore lo trovano.