Le voci del fiume



jaume cabré
Le voci del fiume
la Nuova frontiera
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Non è necessario tenere lo stesso ritmo per novanta minuti per vincere una partita. Quella che è una regola non scritta del calcio si applica benissimo anche al romanzo del catalano Jaume Cabré, “Le voci del fiume”. La sfida è seria: ricostruire un periodo storico estremamente difficile per la Spagna, quello dopo la guerra civile, ripercorrendo le vicende di un maestro elementare che cerca di riscattarsi da una veloce e quanto mai disastrosa adesione alla causa falangista. Il vigliacco Oriol Fontelles si trova ad essere complice delle violenze del regime e per questo viene abbandonato dalla moglie incinta, Rosa. Il pensiero di una figlia che non conoscerà mai lo spinge, nonostante il suo carattere debole, ad aderire al maquis, il movimento di resistenza armata al franchismo, pur mantenendo l’aspetto e i comportamenti del perfetto camerata. Una vicenda umana che sarebbe rimasta sconosciuta a tutti se, quasi sessant’anni dopo, una collega, la maestra Tina Bros, non fosse passata nella scuola di Torena, teatro della vicenda, riportando alla luce la lettera-confessione del presunto falangista Fontelles. Da questo punto di partenza prende il via una epopea che si snoda dai primi anni Quaranta fino agli inizi del ventunesimo secolo, passando attraverso gli anni Cinquanta e Settanta. Dagli anni della Seconda guerra mondiale e della neutralità spagnola, dunque, fino alla transizione democratica e oltre. Un vortice di avvenimenti che vedono protagonisti una trentina di personaggi tra i quali spiccano il crudele Valentì Targa, l’inarrivabile Elisenda Vilabrù, il viziato figlio Marcel, il ribelle Marcò, l’innamorato avvocato Gasull, il traditore Jordi, il monacale Arnau e tutta la folla degli abitanti di Torena, in prima fila i tagliapietre della famiglia Serrallac, e i colleghi della scuola di Sort. È evidente il tentativo di strappare queste vite dal magma della storia, quella con la s maiuscola, per raccontarle riportandole a una dimensione più ridotta e per questo più vera, affrontando così anche i nodi di un passato che gli spagnoli non vogliono dimenticare, un passato dove ci sono stati errori da entrambe le parti. Ma sono tanti, troppi i fili da tenere in una mano: e nonostante la splendida coralità, che in alcuni punti profuma di Marquez, a volte ci si perde saltando senza appigli da un piano temporale all’altro, da un punto di vista all’altro. Salti a volte felici, a volte meno, ma che non tolgono valore al romanzo, semplicemente ne rendono più faticosa la lettura. Che va completata, per tutte le sue 568 pagine, se si vuole scoprire come è morto Oriol Fontelles. Una verità ben diversa da quella che gli altri – prima tra tutti la sua amante Elisenda – e la storia hanno voluto tramandare, facendone un martire della causa franchista. Quali siano invece le voci del fiume del titolo lo si capisce ben presto: sono quelle di tutti i personaggi che vivono e muoiono a poca distanza del fiume Pamano, silenzioso ma altrettanto presente testimone della doppia vita del falangista-guerrigliero.

Recensione pubblicata sul numero 1 di MilanoNera

Silvia Cravotta

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