Abbiamo avuto il piacere di fare qualche domanda a Christian Sartirana autore di Ipnagogica.
Sei d’accordo con l’affermazione che “nessuno meglio dell’autore può presentare le proprie opere”? Nel caso non fossi dello stesso parere, ti è andata male. Cos’è Ipnagogica e per quali buoni motivi dovremmo tuffarci nella lettura?
Innanzi tutto ciao e grazie per l’invito a chiacchierare.
No, assolutamente no. Anzi, ritengo che molti autori siano pessimi presentatori del proprio lavoro. Poi, per carità, ci sono anche pessimi moderatori. Non credo nelle regole fisse. E non credo neanche che in questo caso mi sia andata male.
Personalmente definisco Ipnagogica un tentativo diverso di raccontare la paura e scrivere horror. Lo faccio trasformando (risolvendo nella mia mente se vogliamo) le esperienze angoscianti della mia vita in storie inquietanti e surreali da condividere con i lettori.
Perché leggerla? Perché sia io che Acheron riteniamo sia un buon lavoro, forse non adatto a tutti i palati, ma con una sua sincerità e ricercatezza sia nello stile che nelle inquietudini. Come hai scritto tu quando affermavi che “non vuole impressionare con la solita mostra delle atrocità” Ipnagogica infatti vuole invitare il lettore ad una lettura calma, attenta, ma non noiosa. Non vuole offrire il solito prodotto di consumo rapido e indolore, ma neanche il polpettone metafisico. È come una sorta di piccolo allucinogeno che va consumato nei modi e nei contesti adatti perché dia il suo effetto massimo. Poi, naturalmente, come nelle droghe, dipende sempre da chi lo assume. Non tutti temiamo le stesse cose, non tutti abbiamo la stessa sensibilità. La maggioranza dei lettori, sia dentro che fuori dal genere, lo hanno apprezzato, quindi invito tutti a provarlo senza riserve.
Di recente molti autori hanno riscoperto la tradizione folkloristica del Piemonte. Chi è Christian Sartriana e cosa lo lega a un territorio che, all’apparenza, sembra essere immobile?
Sì, ultimamente io e Samuel Marolla di Acheron Books, abbiamo dato vita a Strän, il progetto sul Neogotico Piemontese, che vuole valorizzare la migliore narrativa di genere della regione. Il Piemonte si presta molto al racconto dell’orrore. C’è un certo peso cupo nell’aria e la diffidenza e la freddezza delle persone (almeno apparente) spingono facilmente la mente del narratore in dimensioni sinistre. Naturalmente, come per ogni progetto, c’è molto lavoro da fare, ma io e Samuel siamo teste dure.
Chi è Christian Sartirana? Sono un individuo di sesso maschile relativamente giovane che, dopo alcuni anni traumatici e difficili, è riuscito a trovare un proprio ruolo nel mondo e nella società. Lavoro nel campo dell’artigianato artistico insieme alla mia compagna. Vivo di quello che creo e che vendo nelle fiere specializzate, insegno legatoria giapponese tradizionale all’interno di alcune associazioni culturali e poi, oltre alle storie weird, guadagno scrivendo narrativa per l’infanzia insieme alla mia compagna che illustra le mie storie.
Per quanto riguarda il mio legame con il Piemonte ci sono nato, anche se da piccolissimo sono stato trascinato nell’entroterra siciliano, dal quale sono poi fuggito insieme a un amico all’età di diciotto anni. Sono tornato a vivere in patria nel 2001, l’anno in cui ho cominciato a scrivere, e nessun posto è bello come casa.
Filippo è il protagonista de “La memoria della polvere”. Immagina la scena. Tu e lui seduti al tavolo di un bar, di cosa parlereste?
Io e Filippo al tavolo di un bar? In un certo senso ci siamo già stati. Come dicevo prima tutte le mie storie sono alterazioni narrative di fatti personali. Nella casa del racconto ci ho vissuto e, per varie motivazioni, non ci ho passato dei bei momenti. Ero molto chiuso in me stesso e in certe cattive abitudini e ho rischiato di mandare a monte la mia relazione.
Nella vita di Filippo accade lo stesso. Lì la polvere è come un malessere che invade e soffoca la città di Casale e con essa anche la sua vita.
Se fossimo seduti al tavolo di un bar probabilmente cercherei di fargli capire quali sono le cose realmente importanti nella vita di una persona, mentre lui proverebbe di sicuro a seppellirmi sotto il peso delle sue paranoie. Spero di spuntarla io.
La letteratura deve essere solo intrattenimento o ci può essere qualcosa in più?
Anni fa avrei detto (stupido e arrogante) che chi scrive solo per intrattenere è un autore inutile. Probabilmente ero solo invidioso. Intrattenere è la condizione essenziale per essere letti. L’autore deve ricordare che scrive per i lettori, non per i critici.
Oggi dico che ognuno può fare quello che vuole e che ogni cosa è libera di essere qualunque cosa. Si può scrivere solo per intrattenimento, si può scrivere solo per dire qualcosa di utile.
Si può fare un po’ e un po’, che ritengo sia la miglior cosa.
A dirla tutta non credo neanche che esistano storie che non vogliano dire qualcosa. L’atto di creare è innanzitutto espressione. Vogliamo comunicare qualcosa agli altri e, se sentiamo questo desiderio di farlo, dev’essere per forza importante. Almeno lo è per noi. Scrivere è come un test di Rorschac. Non si scappa. Lasciamo tracce di noi stessi dalla prima all’ultima parola. Se qualcuno pensa di poter fare il contrario, si sbaglia.
Non c’è intervista che si rispetti se non termina con la classica “progetti futuri”.
Tanti.
È uscito da pochissimo (una settimana) il mio secondo libro per l’infanzia, “L’orso polare che aveva freddo” che la mia compagna ha illustrato, e a breve comincerò a lavorare al terzo. Nel frattempo cerco un editore valido per il mio primo romanzo (un noir a tinte weird, molto diverso da Ipnagogica) e poi sto lavorando a una piccola saga Weird/fantasy molto divertente, della quale sono già a buon punto. Insomma, mi sbatto.
Grazie a voi della gradevole chiacchierata e buon lavoro!
MilanoNera ringrazia Christian Sartirana per la disponibilità.
Qui la nostra recensione a Ipnagogica